“Le celebrazioni leopardiane rappresentano un’importante occasione di incontro, riflessione, approfondimento, sono un momento utile anche per ragionare sul percorso compiuto per diffondere in tutto il mondo la conoscenza del nostro grande concittadino e sulle iniziative che Recanati porta avanti e vuole incrementare per accogliere adeguatamente i tanti visitatori che durante tutto l’anno raggiungono il nostro colle.
Saluto e ringrazio gli ospiti, le autorità civili, militari e religiose che con la loro presenza rendono omaggio a Giacomo Leopardi e alla città di Recanti.
Rivolgo un pensiero particolare, carico di affetto e stima, per la contessa Anna Leopardi che per motivi di salute dopo tanti anni non è tra noi. Il suo impegno, la sua passione, la sua umiltà, la sua capacità di farsi amare dai recanatesi rappresentano per ognuno di noi un punto di riferimento significativo.
L’attivazione dell’ufficio di Informazione Turistica a San Pietrino, l’eliminazione del parcheggio selvaggio nella zona leopardiana sostituendo le auto con fioriere e panchine, la sistemazione di tutta la passeggiata leopardiana, hanno rappresentato i primi interventi per alimentare una nuova politica di accoglienza nel pieno rispetto dei luoghi e della gloriosa storia degli stessi. La Civica Scuola di Musica Beniamino Gigli ha trovato una suggestiva collocazione nel complesso di Santo Stefano e da qualche settimana le note degli allievi risuonano sul Colle dell’Infinito creando una atmosfera magica.
Il prossimo obiettivo è quello di realizzare parcheggi e servizi adeguati: l’amministrazione comunale ha presentato un progetto che prevede l’utilizzo di un’area di proprietà del Centro Nazionale di Studi Leopardiani e siamo convinti che presto arriverà il via libera per procedere in modo spedito verso il raggiungimento di questo fondamentale obiettivo. Recanati vuole unire tradizione e modernità, vuole difendere gelosamente la bellezza dei luoghi e nel contempo affrontare a viso aperto la sfida di una cultura non ingessata, non elitaria, non fine a se stessa, ma che diventa fattore sociale, di aggregazione e di crescita per tutti, ed anche fattore economico, di sviluppo, di impulso, specie in questi momenti di crisi.
Le celebrazioni hanno avuto inizio con l’inaugurazione a Villa Colloredo Mels della mostra di Luca Crocicchi con la presenza dell’europarlamentare Debora Serracchiani. Crocicchi è uno degli artisti contemporanei più quotati ed originali, le sue opere arricchiscono la straordinaria miniera del nostro Museo Civico. Ringrazio per questa opportunità l’assessore Andrea Marinelli e i suoi collaboratori.
Scrive Giacomo Leopardi nello Zibaldone.
“La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo, e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero, ma verso il concittadino, il compagno”. Leopardi rifiuta la bellezza della scrittura come semplice ornamento o come esercizio di un privilegio sociale; al contrario la trasforma in strumento votato all’incessante ricerca del “Vero”. In lui dal 1830 in poi rinasce l’esigenza di un impegno civile da cui scaturisce una nuova funzione dell’intellettuale, si assiste ad una valorizzazione del momento sociale dell’esperienza umana come significato della vita. La civiltà e' l’arma che ha permesso all’uomo di smascherare la verità della propria condizione ma lo ha anche reso, conseguentemente, più egoista e più fragile. Scrivere significa, per Leopardi, esercitare nella forma più intensa ed esprimere concretamente il soggetto individuale e il suo mondo empirico. La dimensione civile della scrittura deve avere funzione critica e dotarsi della forza e della profondità necessarie a smascherare le illusioni su cui si fonda la civiltà. Leopardi si considera straniero nel suo tempo, rifiutando le mode ed i miti d'attualità, tra cui quello del "progresso" del genere umano. A queste che considera teorie fuorvianti perché non tengono conto dei dati naturali della condizione umana, contrappone una filosofia "dolorosa ma vera", il cui nocciolo consiste nel riconoscimento della materialità dell'uomo, della sua infelicità. E' una concezione antropologica, poiché si tratta di diffondere una cultura dell'uomo come essere cosciente della precarietà in cui vive e dell'annullamento a cui è destinato; l’assunzione di una prospettiva tragica della propria esistenza.
Abbiamo il grandissimo piacere di poter ascoltare, tra breve, la relazione del Professore Sergio Givone che nella sua filosofia ripropone proprio il senso del tragico come centrale. Il pensiero tragico che con forza estrema ha il coraggio di riproporre il pensiero del Nulla al centro della dialettica filosofica rovesciando un’impostazione che risale addirittura a Parmenide. Tutta l’umanità è votata ed accomunata da un’esistenza finita ed è all’interno di questa dimensione che va ricercato il senso dell’esistere.
Leopardi si batte contro la pretesa di instaurare una felicità collettiva ignorando proprio questa situazione reale dell'individuo. I liberali, pensatori ed intellettuali espressione del romanticismo del tempo, nella “Ginestra” sono detti "sciocchi e ignoranti, perchè promettono vane speranze di progresso e felicità.
Ed ecco quindi la proposta, il messaggio di solidarietà, di eroismo, per affrontare con lucidità la realtà, la coscienza del vero. Il suo ultimo appello alla fraternità è rivolto a tutti gli esseri umani: l'unico mezzo per sfuggire all'unica vera nemica comune, la Natura, intesa come fonte di inganni e vane illusioni, è quello di cooperare in una lotta comune lasciando da parte inutili conflitti fratricidi. “La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo, e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero, ma verso il concittadino, il compagno”.
L’ Italia è dilaniata da contrasti feroci, da interessi particolari che producono corruzione e malaffare, viene meno il rispetto delle Istituzioni, la scuola non è più considerata elemento centrale per l’educazione e la crescita dei giovani ma semplice fattore numerico e quasi un intralcio perchè insegna a ragionare, a essere consapevoli, autonomi, maturi; la guerra tra poveri che viene scatenata da chi applica la triste regola della storia che vede i potenti rafforzarsi sempre di più dallo scontro di chi è nel bisogno.
In un contesto del genere dobbiamo gridare forte che è necessario ritrovare il senso di un impegno comune, responsabile, unitario, abbandonando le tensioni, ricercando con pazienza una politica più seria e distesa, uscendo da queste stanze con l’impegno di essere più vicini alle esigenze di chi ha di meno e si trova in difficoltà, ricostruendo una rete sociale, l’unica via per superare la difficile crisi nella quale ci dimeniamo.